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Le BiELLE RECENSIONI
La Casa del vento: "Articolo Uno"
Fuori dalle secche del lavoro, una voce "contro"
di Leon Ravasi


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Crediti:
La Casa del Vento è abitata da: Luca Lanzi (voce, chitarra acustica, banjo); Sauro Lanzi (fisarmonica, tromba, trombone, thin whistle); Fabrizio Morganti (batteria, percussioni); Massimiliano Gregorio (basso); Andreas Petermann (violino); Riccardo Dellocchio (chitarra elettrica)

Ospiti: David Rhodes (chitarra in "Dal cielo"); Ascanio Celestini, Francesco “Fry” Moneti dei Modena City Ramblers ( banjo, mandolino e violino in “Redemption song” e “L’Italiante”); Andrea “Pupillo” De Rocco dei Negramaro in “Campi d’oro” e i dialoghi tratti dal film “Tutta la vita davanti” che il regista Paolo Virzì ha concesso di utilizzare.Non mancano le voci degli uomini e delle donne che lavorano e che hanno lavorato, gli operai di oggi e di ieri: Ciro Argentino - Thyssenkrupp di Torino; Adriana Sensi – Lebole di Arezzo;Mario Giusti – Fabbricone di Arezzo; Mohamed Chafferdine Mahoud - migrante dalla Tunisia.

Produzione Saverio Lanza
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Tracklist

01. Intro
02. 7
03. Primo Maggio
04. Figlia mia
05. Recitato (con Ascanio Celestini)
06. Diodegli inferi
07. Articolo uno
08. Dal cielo (feat. David Rhodes)
09. Tutta la vita davanti
10. Redemption song
11 . Quando fischiava la sirena
12 . Campi d'oro
13 . L'italiante
14 . Fatica e sudore
15 . L'ultima cosa





Non ci siamo mai negati una critica alla Casa del Vento, di volta in volta trovata troppo retorica, troppo combat-folk, troppo tetra, troppo antica, troppo aperta alle collaborazioni (anche non essenziali), ma se c'è una volta che ne dobbiamo parlare bene è questa. E tanto meglio viene parlarne bene se in passato li si è "mazzuliati". "Articolo uno" è un album di passione civile, tutto quanto imperniato sull'Articolo Uno della Costituzione, quello che recita "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Frase quanto mai bella, ideata dai padri costituendi e annullata nel suo valore dai "padri destruendi" che ci governano da qualche anno in qua. La Casa del Vento ha preso questo materiale inerte e ne ha fatto un disco. Il suo migliore.

La band di Arezzo, con il contributo di alcuni Enti del proprio territorio ha realizzato questo “concept” su temi riguardanti il lavoro, attraverso le storie del passato e le situazioni attuali, raccontando le conquiste e le sconfitte, aggravate in tempi recenti, dalla parziale perdita dei diritti tanto faticosamente conquistati. Ma, e questo è il dato più significativo, costruendo delle vere canzoni. E' un album che tocca e non lascia indifferenti, perché parla di morti sul lavoro, di lavoro che scompare, di vecchi e nuovi migranti, di conquiste dei lavoratori e poi della triste parabola di noi che abbiamo perso tutto quanto. E se, alla lunga, lo schema proposto è un po' sempre quello e mostra la corda (il parlato che si incrocia e si mischia con le canzoni), l'intensità e la drammaticità del tema lasciano con l'amaro in bocca e la voglia di lottare appena un micron sotto pelle.

"Sono 13 i brani che dal “locale” giungono al “globale”, partendo - scrive la Casa Del Vento sul suo sito - da alcune delle esperienze più significative del territorio aretino durante il secolo scorso (operaie tessili della Lebole; operai della Sacfem, più nota come “Fabbricone”; minatori del Valdarno e mezzadri nelle campagne) fatte di lotte, sudore e conquiste (nella tenerissima “Figlia mia”, nella solenne “Quando fischiava la sirena” e nella “sotterranea” “Dio degli inferi”), passando dalle conquiste dei lavoratori nel passato in tutto il paese (“Primo maggio”), per giungere all’attuale pericolosa e discendente parabola dei diritti di chi lavora, con il precariato e gli incarichi a progetto che rendono le prospettive giovanili difficilissime ed instabili (“Tutta la vita davanti”, titolo preso a prestito dall’omonimo film di Paolo Virzì, che ha gentilmente concesso l’uso di alcuni dialoghi presenti nel film, permettendoci di trasportarli nel disco)".

La Casa del Vento non ama essere definito un gruppo di combat-folk (o comunque non solo o forse non più), perchè tante sono le intuizioni e le idee musicali che convergono poi non corso del disco. Se vogliamo "Articolo Uno" in parte conferma questo distacco, un po' per la presenza di un produttore esterno (Saverio Lanza) e un po' per crescita naturale del gruppo. Le caratteristiche di fondo restano quelle, ma, se vogliamo "Articolo Uno" ha un impronta più cantautorale e meno sociale, nel senso della comunanza e della confusione tra suonatore e ascoltatore, tipica del combat-folk. Questi sono brani da ascoltare e non da pogare. Ancora progressi potrebbero essere ottenuti nello sfrondare dalla retorica certi testi, ma anche qui passi avanti importanti sono stati compiuti. Ci vorrebbe ancora più coraggio a evitare proprio di imboccare la strada facile della formula verbale già sentita per rivolgersi verso frasi meno immediate ma più concrete e soprattutto con addosso meno polvere del tempo. Però, in effetti, quello che era uno dei principali limiti della band, in questo album passa in secondo piano.

"In "Articolo uno" - dice il cantante Luca Lanzi in una intervista a Rockol - abbiamo sentito la necessità di raccontare la vita e la società che ci circondano anche con un modo personale, il modo che abbiamo di guardarci intorno". Forse proprio questa svolta personale e l'importanza del tema scelto hanno aperto al gruppo aretino la possibilità di condividere il palco live in alcune date con Patti Smith e partecipare, oltre alla tournèe, anche al nuovo album del mito del rock americano. Gli americani sono di bocca buona, ma di musica ne capiscono e Patti Smith di sicuro. Se ha fatto una scelta simile vuol dire che la musica (e i temi) della Casa del Vento le sono entrate sotto pelle.

Solo un appunto. Tanto passato e poco presente. Nelle storie da raccontare, tranne la vicenda della Thyssen Krupp ("7" è il numero dei morti nell'incidente di Torino) si preferisce rifugiarsi nella dimensione più comoda del passato. Il presente ritorna quando parte l'invito a non dimenticarsi mai dell'"Articolo Uno".

Tirando le somme, prendiamolo, non come un nuovo inizio, perché i legami col passato restano saldi (sia quello della tradizione popolare che quello derivato da 10 album fin qui sfornati), ma un passo laterale: sia nella scelta di puntare sul concept, sia nella scelta del tema impegantivo e rilevante sotto il profilo sociale, sia nella maggiore articolare musicale. C'è ancora strada e tempo per uscire dal didascalico, per trasformare in metafora quello che a prima vista è sofferenza e fatica, per tagliare le parti parlate e staccarsi definitivamente dagli standard. Piccola chicca finale, la cover di "Redemption" di Bob Marley. Bella.

 

La casa del vento
"Articolo Uno"

Mescal/Emi - 2010
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Ultimo aggiornamento: 08-09-2010
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