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Crediti:
Testi e musiche di Alfonso De Pietro (tracce 2, 3, 6, 7, 9,10)
Testi di Carmelo Calabrò – musiche di Alfonso De Pietro (tracce 1, 4, 5, 6, 8, 11)
Arrangiamenti: Alfonso De Pietro
Eccetto tracce:
4. Arrangiamento: Il Parto delle Nuvole Pesanti
6. Arrangiamento: Carlos Adrian Fioramonti

Musicisti:
Alfonso De Pietro: voce, chitarre, armonica; Francesco Lorenzetti: contrabbasso; Francesco Carmignani: violino; Lara Vecoli: violoncello; Andrea Pacini: percussioni; Giulio D’Agnello: mandoloncello, chitarra battente (tracce 2, 8, 10); Meme Lucarelli: chitarra classica, elettrica (traccia 8); Piero Frassi: pianoforte (traccia 3, 5):
Salvatore De Siena: grancassa, tammorra, tamburello (traccia 4): Mimmo Crudo: basso (traccia 4); Amerigo Sirianni: mandolino (traccia 4); Antonio Rimedio: fisarmonica (traccia 4); Carlos Adrian Fioramonti: chitarra (traccia 6); Antonio Ippolito: bandoneon (traccia 6); Vincenzo Albini: violino (traccia 6);
Guglielmo Caioli: contrabbasso (traccia 6)

Partecipazioni Straordinarie:
Claudio Lolli: voce in “Terra”
Il Parto delle Nuvole Pesanti: musicisti ed arrangiatori di “Tatanka”
Don Armando Zappolini: voce recitante in “Per amore del mio popolo”

Registrazione, miraggio, editino, co-arrangiamenti: Francesco Lorenzetti
Registrazione e miraggio “Tatanka”: Mimmo Crudo, al Cavanserraglio di Bologna
Mastering: Alessandro Rosati e Francesco Lorenzetti

Produzione artistica: Alfonso De Pietro
Produzione esecutiva: Alfonso De Pietro e Francesco Lorenzetti

Foto di copertina ed immagini: Rudy Pessina
Concepì e grafica: Francesco Sani e Michela Brondi (Sidebloom Group Adv)


Su Bielle
Ascolti: "Terra"

Sul web
Sito ufficiale
MySpace


Alfonso De Pietro
"(In)canto civile"

Storie di Note- 2011
Su Storie di note, alla Feltrinelli, su MySpace e YouTube

Tracklist

01 Peppino (canzone civile per Impastato)
02

Donna Lionora

03 Per amore del mio popolo
04 Tatanka
05 Clochard
06 Lettere dall'Argentina
07 Terra
08 Batti e ribatti
09 Storia di un giudice
10 Figli di nessuno
11 La linea
Non l’ho mai bevuta la balla del giornalista imparziale. Per quanto mi riguarda non mi nascondo e non la faccio lunga: sono per un ritorno all’impegno civile, per il recupero delle coordinate sociali della ballata d’autore. Sono un nostalgico di parole come pietre: da una canzone mi aspetto messaggi nella bottiglia, rime tempestose e contenuti ferro & fuoco.

Nemmeno sotto tortura potrei scrivere male di un cantautore giovane & impegnato come Alfonso De Pietro, il suo secondo nome potrebbe suonare “mosca bianca”, nel mare magnum sconsolante di Barbie e Big Jim (ma lo fanno ancora?) di ritorno da talent show. In “(In)cantocivile” c’è l’ha messa tutta per rinvigorire i muscoli della ballata di peso specifico, evocandone l’humus delle origini, quello, per intenderci, del tipo pedagogico/pensoso/indignato/divergente (qualcuno vuole, per favore, sforzarsi di ricordare?).

I nuovi e vecchi santi martiri della storia patria contemporanea sono tutti in scaletta, assunti a filo rosso, traccia dopo traccia, come in un’ideale Spoon River del terzo millennio. A ricordarci che nel contesto alieno ed alienante di un Italia-mondo senza più bussola, di sogni e di idee si può e si deve ancora sperare, rischiare, vivere, se il caso morire. C’è dunque l’indomito Impastato di Cinisi (“Peppino”), c’è don Peppe Diana (“Per amore del mio popolo”), ucciso per le sue battaglie anti-camorra nel 1994; c’è il magistrato anti-mafia Francesco Cascini (“Storia di un giudice”), che per fortuna è vivo e vegeto, e ha scritto anche un libro, al quale si rifà la canzone; c’è la pioniera Eleonora Pimentel Fonseca (“Donna Lionora”), eroina della rivoluzione napoletana del 1799.



E se ancora non vi bastasse, “Tatanka” (arrangia il Parto delle Nuvole Pesanti), è scritta e cantata per Clemente Rosso, il pugile di Marcianise che combatte per il riscatto della sua terra, e “Batti e ribatti” parla ancora di morti sul campo, quelli caduti sul lavoro: 1.080 soltanto nel 2010, la cifra dell’angoscia e della vergogna.

Nell’album si muove anche una folla rinogaetanesca di figli unici, di nuovi drop-out di mare e di terra: il senza tetto di “Clochard”, gli emigranti di antica e più recente tradizione di “Lettera dall’Argentina” e “Figli di nessuno”. Ma l’aspetto per cui non dimenticherò facilmente questo disco è la voce scatarrante, da reading doloroso/rabbioso/brutto-sporco-cattivo, di Sua Militanza Claudio Lolli, chiamato a dare il suo imprimatur a “Terra”, ballata apodittica, che incide come un bisturi tra denuncia e poesia e (per ciò) non finiresti mai di ascoltare.

Come si vede e si sente De Pietro non difetta di coraggio, e nemmeno di convinzione e slancio ideali (che il dio delle note d’autore gliene renda merito: l’augurio è che possa preservarli intatti per altri cento lavori come questo), il suo album è intriso di speranza, voglia di dire, credere, crescere, denunciare, sognare, solidarizzare. Certo qua e là la voce gli si spezza, si arrampica, fatica, non ci arriva; la retorica è in agguato; la scrittura ha qualcosa da mettere meglio a fuoco, ma i pregi - davvero, credetemi sulla parola - obnubilano di gran lunga i limiti del cd.

Non ho contato, per esempio, un solo accenno al personale, e nemmeno una - che fosse una - canzone d’amore (evviva!). Però in quest’ultimo caso forse mi sbaglio: l’intera track-list altro non è che un’articolata suite sentimentale. In senso umanista, lato, verista, non comiziante e neanche banale. Vuoi mettere?


Ultimo aggiornamento: 10-11-2011