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Le BiELLE RECENSIONI
Filippo Andreani : "Scritti con Pablo"
La morte, Dio, la poesia e la canzone d'autore
di Alberto Marchetti
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Crediti:
Filippo Andreani: voce
Simone Spreafico: chitarre classiche, acustiche, elettriche e percussioni
Massimo Scoca: contrabbasso
Marco Castiglioni: batteria
Franco Barbera: pianoforte
Raffaele Kohler: tromba, flicorno
Giulia Larghi: violino
Davide Lasala: chitarra
Luca Pozzi: tamburi

Testi e musiche di Filippo Andreani
Produzione artistica Simone Spreafico

Registrato da Davide Lasala al EDAC STUDIO di Fino Mornasco (CO).
Mixato e masterizzato al Jungle Sound Station di Milano da Davide Lasala e Stefano Giungato.



 

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Filippo Andreani
"Scritti con Pablo"

Lucente/Many/ Venus - 2011
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Tracklist

01 Per voce di Aldo
02 Bruno, su Genova, il cielo
03 Non passarmi oltre
04 L'assenza
05 La pena di amare
06 Finché Dio tace
07 Quasi soltanto mia
08 Anna e la primavera
09 In volo
10 Ostinata e dolce
11 Alete e al ragasol
E’ un album compatto questo secondo di Filippo Andreani, dopo il concept coraggioso dell’esordio, e pure se non racconta una sola storia, le 11 tracce seguono comunque un percorso coerente, in una confessione dei credo, delle speranze e dei dubbi che popolano la mente e la vita del nostro. “Scritti con Pablo” si chiama, e Pablo è il bel cane di Filippo, ma anche il nome di Pasolini, e ai suoi “Scritti Corsari” rimanda il titolo. Perché questi sono gli scritti corsari di Andreani, che le cose non le manda certo a dire, denunciando in modo chiaro e senza tante metafore abusi e orrori di questa nostra imperfetta società. Undici storie ordinarie e straordinarie, assurde e banali, dove domina il motivo portante della morte, sempre uguale in tutte le sue forme, e dell’assente per eccellenza delle vicende umane, centro del dubbio, quel Dio da tutti nominato e che, da sempre, tace, e che tacendo dice, per la bocca di troppi, troppe inesattezze e incongruità.

Perché, come tutti, anche Filippo è alla ricerca di un senso che dia una spiegazione e un piano. E intanto resta la vita di chi resta, e restano i pensieri, e soprattutto le azioni, che sono lavoro e sacrificio per alcuni, abuso e sopraffazione per altri. Sta tornando la canzone impegnata, di protesta civile, per questi tempi sospesi tra una gerontocrazia al potere malata e in fase di disfacimento, e una società civile bloccata, in attesa, sorpresa che il benessere diffuso e in continuo aumento sia già al presente un probabile ricordo; una canzone impegnata che non dimentica la poesia, e le bella forma, e il canto chiaro, che tanto ci riporta ai grandi del passato, De Gregori, Lolli, Bertoli e su tutti Fabrizio de Andrè.

Come dice lui stesso: Sebbene io non scriva per smuovere le coscienze altrui ma per far parlare la mia, sento, scrivendo, la necessità di “dire” e non solo di “raccontare”. Non penso affatto che un concetto possa essere illustrato al meglio solo da un mezzo comunicativo il cui utilizzo impegni un tempo maggiore ai tre minuti e venti. Tutt’altro: la grandezza di certi cantautori, quella che io più gli invidio, é proprio la genialità nel costruire un perfetto connubio tra analisi, sintesi e grazia poetica. Per questo amo illudermi di essere cantautore: per sentirmi in diritto di provare a poeticamente sintetizzare un ragionamento, per di più godendo del piacere di una melodia da condividere.




Che io ci sia riuscito o no con “Scritti con Pablo” non tocca a me dirlo. Ma giuro che non sono stato capace di sottrarmi alla tentazione di provarci. Perdonatemi.

1 – Per voce di Aldo - Impossibile restare indifferenti di fronte a una canzone, sulle troppe morti accidentali dentro i commissariati, che parafrasando una frase di Savage Landor, comincia subito con questo formidabile paradosso: “Le guardie sputerebbero in faccia / a chi contestasse la delicatezza della loro cortesia, / perché il Potere la voce contraria la chiama bugia. / E sarebbero pronte a uccidere / io lo so, lo hanno fatto di già / chi avesse un dubbio insistente / circa la loro umanità.” Narrando di Aldo Bianzino, entrato in ottima salute nel carcere di Capanne (PG) ed uscito morto tre giorni piu’ tardi, la canzone riguarda i vari Cucchi, e Aldrovandi, e quant’altri, anarchici o immigrati, siano morti in circostanze oscure, quando la passione di alcune guardie per la fisicità degenera in metastasi.

Brano importante, marcato, con la tromba lirica che ricama sul cantato e segna il refrein.

2 – Bruno, su Genova, il cielo – Sonorità alla De Gregori, ballata omaggio alla città di Genova e ai suoi poeti, che quando scompaiono lo fanno silenziosamente, mentre la gente “ha pretese in discesa / e altruismi in salita / nel brevissimo tutto da fare / che scambia per vita” Per i pochi che sanno il cielo coperto vieta lo sguardo oltre, a impedire a chi cerca la tranquilla certezza del paradiso un’amara scoperta. Sottintesa la dedica a Lauzi.

3 – Non passarmi oltre – legata tristemente a un lutto familiare di Filippo che ha rischiato di precipitarlo e di perdergli anche chi paziente ha saputo aspettarne il ritorno alla vita. “Non passarmi oltre, amore mio, / curati ancora di me che ho già perso le foglie / in questo novembre di vita incontrato per sbaglio / che partorisce distanze e uccide le voglie… e se non c’è prova contraria all’inesistenza di Dio / chi pregherò che mi salvi da un addio?”

4 – L’assenza – Una dedica a Monicelli, a un suicidio che, forse, non fu rinuncia ma l’ennesimo gesto sorprendente di un irriverente anarchico dell’arte cinematografica. Brano terzinato, marcato da un basso potente, su cui si innerva un largo centrale arioso e poi inacidito dalla chitarra. “Io la chiamo vittoria, voi chiamatelo addio / il vostro domani dovrà fare a meno del mio / venni vidi e me ne andai, vorrò scritto sul marmo, / non valeva un respiro di più condividervi il mondo.”

5 – La pena di amare – Prima canzone che non parla di un lutto, ma certo di un evento che ne sfiorò decine, quella degli uomini incastrati in Cile per 68 giorni dentro una miniera crollata, e in particolare di uno di loro, quel Yonni Barrios che si scoprì avere moglie e amante, accorse com’erano tutt’e due a piangerne la perdita. Una storia che per la particolare situazione fece il giro del mondo, soprattutto dopo che l’uomo le ebbe invitate ad attenderlo insieme. “Che l’amor coniugale non basta / eppure c’è e ci voglio invecchiare / né l’amor clandestino è abbastanza / non esiste un amor che non valga la pena di amare.” Per la cronaca il buon Yonni trovò nella luce violenta del sole soltanto l’amante.

6 – Finché Dio tace – Omaggio a chi, nella chiesa, fa davvero opere di bene, in mezzo agli ultimi e agli emarginati, don Andrea Gallo, mentre prelati di rango continuano a far dire a Dio, che tace, le peggiori assurdità sulla malattia dell’omosessualità o sul ruolo biblicamente subalterno della donna. “Così in terra, come in Cielo, è impossibile amare una fiamma che scalda solo il cero.”

7 – Quasi soltanto mia – la vicenda è quella stranota dell’anarchico Pinelli, vista dal lato della compagna, una donna che resta, a luci spente, a restituire una dimensione umana e familiare a una vicenda scottante. “Ricordi amore, Milano, com’era? / tra il dopolavoro e il Gianni Rivera / i panni stesi sulla ringhiera / era dicembre ma inverno non era.” Un lento struggente, poetico, di chitarra arpeggiata in solitudine.

8 – Anna e la primavera – Storia di una omosessualità femminile negata, per costrizione, per paura, per quieto vivere. E si finisce per metter su una famiglia che non concede felicità. Bella ballata classica.

9 – In Volo – Un brano sulle morti sul lavoro (dette stupidamente bianche, e dovrebbero essere rosso sangue) tra la preghiera che diventa bestemmia e il rancora verso chi sfrutta lavoro e lavoranti anche a costo della vita. “A lei che lo amava / e avrebbe diviso con lui la tovaglia per cena / andate, assassini per bene, / a dirvi incolpevoli della sua pena.” Il fantasma di De Andrè aleggia sui versi, bello il finale in crescendo con un timpano in grande evidenza e chitarre etniche.

10 – Ostinata e dolce - Uno swing che dimostra le possibili varianti che può tentare ancora Filippo Andreani, anche con la voce, negli sviluppi futuri, narra un amore senile che riesce a essere ancora romantico e attento.

11 – Alete e al ragasol – Una ninna nanna poco conosciuta, cantata a suo tempo da Pierangelo Bertoli, che non promette mari e monti, né voli pindarici, ma semplicità, serenità, amore per le piccole cose. Mi permetto la traduzione dal modenese che non è inserita nel libretto:

E' già sera, finisce il giorno
sù, andiamo a nanna e cerca di dormire
che vengono a letto anche il papà e la mamma
e domani appena alzati dopo aver lavato il viso
andriamo a fare un giro a prendere il sole.
C'era un merlo che solfeggiava
che pareva un professore
se ci alziamo presto possiamo cercarlo
per ascolarlo e allora....
Fai la nanna fagottino che è si è fatta sera
i tutti i ragazzini vanno a letto abbracciati alla mamma
e domattina appena alzati dopo aver fatto la pappa
andiamo a casa dal nonno che ti regala un uovo.
C'era un uomo che aveva
un figlio che non voleva mai dormire
e il ragazzio invece di crescere
restava sempre piccolino.
E' ora di chiudere gli occhi adesso ti racconto una favola
una volta c'era un vecchio che veniva in piazza a vendere spago e colla...
E domattina appena alzato dopo aver baciato mamma
andiamo a parlargli e poi... buonanotte... buonanotte.

Un bell’album questo di Filippo Andreani, coraggioso e senza peli nella lingua, che conferma le ottime impressioni del primo lavoro e ne fa certezza nel panorama cantautorale nazionale, mostra come ci sia ancora margine di miglioramento, con più audacia nella ricerca musicale. Voto: 7,5


Ultimo aggiornamento: 10-10-2011