Le
latitudini di Testa
di Giorgio Maimone
Come
aggiungere qualcosa? Quando apri la confezione di un cd e ci trovi
scritto . “La tua voce si arrampica a un balcone, soffia all’amato
le parole da dire all’affacciata. La tua voce è Cyrano nascosto
nel giardino che insegna al maschile smemorato come bussare a un
bacio di ragazza. Sono sillabe di pioggia, da levarsi la giacca
e appoggiarla sulle spalle scoperte di una donna, una delle poche
mosse sacre in dote a un uomo”.
“Le
tue canzoni servono a un ragazzo, per improvvisarsi uomo, servono
a un uomo per tornare ragazzo. Una donna sospira: fosse vero. Finché
canti è vero e poi per altri 5 minuti dura l’effetto di raccolta
dei frantumi maschili; stanno di nuovo insieme l’adulto e il rompicollo”.
E la firma in calce è quella di Erri De Luca.
Il disco è “Altre latitudini” di Gianmaria Testa.
Si
potrebbe chiudere il file e dare per conclusa la recensione, perché
in effetti c’è tutto. Tutto quello che avrei voluto dire, di sicuro
espresso meglio, forse meno personalizzato, ma tant’è. La recensione
in realtà è tutta qui, nelle parole di un altro.
“Profumo
di balli di una volta la tua canzone di oggi. Uomo e donna accostano
gli zigomi per fingere di dirsi una parola, si odorano i capelli,
accostano il respiro alla curva del collo. I balli di una volta
permettevano abbracci con la scusa di una danza in pista”.
E
il disco infatti si apre con un tango, mollemente cadenzato, dolcemente
sussurrato, con una lunga coda strumentarle riservata al solo ballo.
L’uomo e la donna volteggiando sulla pista e noi li vediamo piano
piano sfumare portandosi dietro le istantanee virate seppia di un
tempo che fu. Come Marlon Brando e Marie Schneider a Parigi per
il loro ultimo tango, come le magnifiche coreografie solo ballo
del Théatre Du Campagnol (“Le Bal”) diventato poi film per mano
di Ettore Scola (“Ballando ballando”).
E
ballando ballando Gianmaria Testa ci porta oltre
ci trascina attraverso “Il meglio di te” (“mi
porto addosso di te/ Soltanto il meglio di te / la faccia più incerta
che fai / le cose che non mi dirai / e casomai mi dimentico già
/ di chiederti come si sta / dentro una foto d’estate che ho / tu
che mi guardi / io che guardarti davvero non so” e ci riconduce
“Dentro al cinema” chiudendo il cerchio delle suggestioni
multimediali, dei rimandi cinema-canzone-ballo.
In
“Solo per dirti di no” la musica infatti in pratica
cessa e lascia spazio a una sommessa riflessione: “Nient’altro
che amori, polpa scoperchiata da un coltello che scortica, sbuccia
e sotto il frutto è bianco”. “Solo per dirti di no / non avrei fatto
la strada / ma c’era dell’altro / lo so che lo sai /C’era dell’altro
tra noi // Dire che cosa non so / se un bacio, un cane o una rosa
…”
Ma
ci si sposta di latitudini, per stare al passo col titolo, con pochi
tocchi, sostanzialmente la spezia percussiva di una darbouka e la
scelta di vocaboli come “caravanserraglio, cammello e oasi".
Ma la magia funziona eccome, grazie anche alla tromba di David
Lewis e al clarinetto di Gabriele Mirabassi.
Sa di Paolo Conte? Può darsi, ma al di là del fatto che non è un
difetto, Testa è altro. E’ lui, è vero, è meno compiaciuto: non
cerca di stupire con stravaganze al macadam, ma con riflessioni
su se stesso e la vita. Il capostipite è ormai il cartone si se
stesso, il discepolo è vero.
“Come
di pioggia” è ancora intimismo fiorito di parole di nebbia
e dell’umido vapore dei sentimenti. Sarebbe da trascrivere tutta:
“Di terra umida sarai / dopo la pioggia / vapore dal catrame
e poi / caldo che abbraccia / di terra umida sarai / e fiore che
sboccia / sopra un amore di sabbia / sarai” e il violoncello
di Mario Brunello ci porta via a dissolverci nella
pioggia.
“Solo
amori, il loro passo a due disturba, distoglie: due innamorati vanno,
dietro a loro si accodano le occhiate di noialtri soldati costretti
dentro i ranghi, invece di sbandare, sbottonarsi il colletto e darsi
a correre”.
Perché
la musica d’autore, quando è di grande livello, questo ha. Trascende
il tempo, rompe le barriere cronologiche e tu che ascolti sei catapultato
alternativamente, in tempo di guerra, negli anni ’20, l’altro ieri
o posdomani. Come in “Veduta aerea” che quando
arriva alla domanda finale “cosa farai domani?” non ti lascia scelta
e non puoi fare a meno di cercare di darti una risposta.
“Sento
che hai messo la tua voce da combattimento / per dirmi parole che
conosco già / chissà perché dovrei stare qui / ad ascoltarti”.
Lo stesso Gianmaria la spiega così: “quante volte ci accorgiamo
che un amore è arrivato o sta arrivando al capolinea. A un certo
punto ti accorgi che non ne puoi più, allora esci e te ne vai. In
un film sarebbe una radiosa giornata di sole e tu incominceresti
un’altra vita. Ma invece piove. E allora tutto sbollisce e torni
a casa” (“E’ solo pioggia e non parole/ tra noi” – “Voce
da combattimento”).
Sono
14 canzoni, più la ripresa di un brano solo musicale, un disco lungo,
ma senza riempitivi. Anche le canzoni meno “forti” hanno il loro
bel motivo di esistere, al servizio di testi sgargianti e di musicisti
brillanti e anche illustri: oltre ai già citati si aggiungono in
alcuni brani Fausto Mesolella degli Avion Travel,
Rita Marcotulli, Luciano Biondini
già apprezzato nell’ultimo Fossati, Enrico Rava, Carlo De
Martini, Enzo Pietropaoli e Philippe Garcia.
“Potrai”,
supportata dall’accordina di Luciano Biondini e la jazzata “Altre
latitudini”, dove entra anche la tuba di Giampiero
Malfatto sono i due gioielli finali del disco che si chiude
in musica col tango iniziale e il clarinetto di Piero Ponzo
: “Nient’altro che fiori, compratene un mazzetto , portatelo
sudati, trafelati, alla creatura preferita, amata”.
Gianmaria
Testa
Altre latitudini
Le chant du monde - Harmonia Mundi - 2003
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aggiornamento: 22-09-2003 |