L'imperdibile
del 2011 |
L'imperdibile
del 2011 |
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Teresa
De Sio:
"Tutto cambia"
Poi
venne Teresa ... Prima era un'estate declinante ma ancora calda, un
po' lenta e un po' noiosa. Poi, con la posta del mattino, a fine agosto
arrivò un piccolo regalo. Dieci centimetri per dieci, all'incirca.
Le dimensioni di un cd. C'era scritto "Tutto cambia". Sì,
è stato il primo pensiero. Tutto cambia detto oggi, quando la
palude impera? (segue)
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Naif:
"Tre civette sul comò"
Ha
le stimmate della genialità. Perché un disco, quando è
ben riuscito, è come una giostra e difficilmente, se ci si monta
sopra si vuole scendere. L'unica condizione per scendere è che
Naif ci prometta di continuare a fare un disco all'anno, ma non solo per
passione: anche per scoprire dove può arrivare. Un punto fermo
nella nostra storia della canzone d'autore.
(segue)

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Piccola
Bottega Baltazar: "Ladro di rose"
Un
capolavoro? Forse. Nel senso del miglior lavoro possibile a questo punto
nella loro storia. Un album raffinato e popolare, politico e poetico,
elittico e concreto. E' un album a molte facce. Difficile quanto è
bello e bello per quanto possa essere difficile. Comparta un'adesione.
Intellettuale e sentimentale. Disco comunque per pochi. Ma meno male che
quei pochi esistono. Per loro. E per noi.
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Marco
Ongaro: "Canzoni per adulti"
Due
sono brani di Leonard Cohen, gli altri lo sembrano soltanto. Direi che questa
può già essere la chiave della recensione. Marco Ongaro sforna
un album di canzoni che hanno l'ambizione di essere tutte legate a un tema
che è quello eterno dell'innamoramento e dell'amore. Uno dei migliori
dischi dell'anno. Complesso, stratificato, poetico e musicale: in una parola
"bello"! |

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Carmen
Consoli: "Elettra"
Eccolo
qua. Lo stavamo aspettando ed è arrivato. Quasi a fine anno. E'
l'imperdibile del 2009. Il disco da cui sarebbe meglio non prescindere.
Carmen, se prima era "Corvo bianco" ora è "Chiarandà
del merlo", vino forte, inebriante, di classe, evocativo. Se prima
era Eva, ora è Elettra, ma sempre di archetipi al femminile si
tratta. Per un disco da leggere, da ascoltare, da gustare.
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Elisir:
"Pane e cioccolata"
Ecco
un disco perfetto! Testi, musiche e arrangiamenti. Merito della passione
e dell'amore di Paola Donzella, autrice dei testi e cantante, per la musica
manouche e per le atmosfere parigine degli anni Trenta che vanno a sposarsi
con i ricordi della natia Palermo. E merito della passione di Paolo Sportelli
per il jazz e la musica classica. Ne esce un prodotto di alta pasticceria.
Un dolce che s'alza e s'abbassa, che si scioglie in bocca e ti stupisce
per consistenze e colori, per gli aromi mischiati tra il nord ed il sud,
tra Palermo e Parigi, tra il marzapane e la Saint Honorè. |
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Davide
Van De Sfroos: "Pica!"
Ci
sono ormai molte certezze e pochi dubbi attorno a Davide Bernasconi in Van
De Sfroos. La prima certezza è che sia un narratore sopraffino e
che questa, in fondo sia la sua vera natura. "Pica!" è
un disco che ascolteremo a lungo e con grande piacere, come una summa estremamente
piacevole di ottima musica e grande letteratura. Cose che riescono solo
ai migliori. Ma Davide sta tra i migliori. |
Sulutumana:
"Arimo"
Un pianoforte, un violino, un contrabbasso, una voce. Una musica che sembra
venire da lontano, dalle sponde del lago, da quella cucina con l'acqua sul
fuoco, dove la radio a valvole irradia melodie per l'aria. Che non si spegneranno
presto. Musica per giorni di pioggia. Se non fate attenzione potrebbe farvi
scivolare via sulle onde dei rigagnoli. |

Ci sono
dischi, film e libri che, per un motivo o per l'altro, non dovremmo mai
perdere e a volte ci passano davanti così velocemente che non ce
ne ricordiamo neanche. Questa rubrica vuole porre un freno ai guasti della
memoria. Secondo noi gli imperdibili del 2012 sono, per ora: |
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Teresa
De Sio: "Sacco e fuoco"
La
voce più di tutto mi colpisce. Sale stretta come una ferita, si approfonda
in un gorgo dell'anima che sa di ruggine, di sale e di sole. Graffia e colpisce,
si impenna e si abbassa come il movimento delle mani su una tamorra, ma
poi sa aprirsi in un golfo caldo e scuro nel cuore di una Ninna nanna. Insomma
è Teresa De Sio. Noi siamo "Brigate di frontiera", che
la frontiera non l'abbiamo vista mai. Ma abbiamo visto una donna sulla collina
che stringeva una bandiera e la faceva ondeggiare a tempo. La bandiera era
rossa, la donna era Teresa: Teresa De Sio.
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Luigi
Maieron: "Una primavere"
Se
il risultato di un grande dolore può essere a volte un'opera d'arte,
un'opera d'arte altrettante volte può essere fonte di dolore. "Une
Primavere" è dolore e gioia a tempi alterni, fino ad arrivare
a farli convivere, il dolore e la gioia, nella canzone che dà il
titolo all'album. E questo disco, in fondo, è una sola lunga ballata
dolente: così bella, così intensa, così pulita. Così
triste, così necessaria, così assoluta. |
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Vinicio
Capossela: "Ovunque proteggi"
E’
un magnifico disco obliquo e rimbalzante. E’ un disco “abbracciante”
come lo ha definito lo stesso Capossela, ma soprattutto “è
un disco”, ossia un’opera compiuta con un inizio e una fine,
un senso di marcia, delle istruzioni per l’uso che partono dalla copertina
e finiscono all’ultima nota dell’ultimo solco un’ora,
11 minuti e 58 secondi dopo. Diciamolo subito che sennò ci scappa
fuori: se non è un capolavoro, poco ci manca.
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GianMaria
Testa: "Da questa parte del mare"
Non
cercate un sorriso qua dentro. Non lo troverete. Non cercate redenzione
o speranza, perché non ve ne sono. Gianmaria Testa ha prodotto un
disco rigoroso e serio, triste e compreso, intenso e violentemente poetico,
dove l’ombra di un sorriso è sfiorato solo in un pezzo, ma
è un sorriso ironico e disperato, dalla parte degli ultimi. Testa
è uno dei migliori che abbiamo. |
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Davide
Van De Sfroos: "Akuaduulza"
Davide
Bernasconi diventa grande e ci regala un album maturo di musica e parole,
di racconti e di sogni, di incubi e intrecci. Trasferisce la sua musica
al di là dell'Atlantico e ci regala un grande album di musica americana
delle radici che, miracolo, serve magnificamente a veicolare le sue storie.
Siamo dalle parti di "Nebraska" di Springsteen, siamo dalle parti
di Tom Waits, ci aggiriamo per i deserti assolati (o assoluti?) delle tradizione
musicale U.S.A. e abbiamo tra le mani un album registrato in cantina. E
registrato un gran bene. |
Sulutumana:"
Decanter"
Diciamo
subito che NON è un disco sulla scia di "Di segni e di sogni"
e tantomeno de "La Danza". Rispetto a quei Sulutumana rappresenta
uno "scarto" laterale: né un passo avanti, né un
ritorno indietro. Semplicemente un cammino laterale. Ma "Decanter"è
un buon disco oppure no? Senz'altro frammentario, ma sei canzoni su dieci
sono di ottima levatura. |
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Mauro
Pagani: "Creuza de ma - 2004"
Quello
che non ti aspetti. Le magie possono essere riproducibili. Creuza de Ma,
l'originale, quello con Fabrizio De André per intenderci, è
il disco imprescindibile: una magia, dove testi, musiche, canto, ispirazione,
strumentazione, respiro e idee hanno danzato alti nel cielo, sospinti dalle
benevole divinità che presiedono ai venti e ai mari che hanno congiurato
concordi perché ne uscisse un capolavoro. I capolavori, vizio nostro,
siamo abituati a vederli immoti, non modificabili. Ma questo non è
avvenuto. Il cemento, la malta che consente a "Creuza 2004" di
stare in piedi e di reggere il confronto con l'illustre antenato è
l'affetto. |
Massimo
Bubola: "Segreti trasparenti"
Bubola
conosce il valore della memoria e ne fa buon uso, sia nei testi che nelle
musiche che nella costruzione intensamente cinematografica della sue storie.
Ne esce così un’opera che presenta i suoi quarti di nobiltà
che le consentono di ascendere all’empireo della opere maggiori del
cantautorato italiano. In Bubola poi le buone letture, le buone visioni
e i buoni ascolti si trasformano automaticamente in citazioni, in riferimenti
anche solo accennati, che non sono mai strati giustapposti alla struttura
di fondo, ma tessere dello stesso mosaico, solo arricchitosi in quanto di
meglio ha suggerito il vivere circostante. |
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Claudio
Lolli e Pnp: "Ho visto anche degli zingari felici - 2003"
L’ho
sentito la prima volta. Non mi è piaciuto. Poi l'ho risentito, distrattamente.
Già meglio. Ma non mi è bastato. L'ho rimesso ancora. E iniziava
a scorrere, ma con qualche sacca di resistenza. Poi non ce l'ho fatta più
e ho messo su il vecchio vinile. E capolavoro e magia e disco da isola deserta
e pietra miliare e commozione e nostalgia e tutto quello di bello che ci
può essere ascoltando un disco epocale, un disco con pochi eguali:
"Creuza de ma" , "La pecora" di De Gregori, "L'isola
non trovata", "Storie d'Italia". Ma, masochista fino in fondo,
ho riportato il lettore sulla nuova versione. Ho alzato il volume e ho ascoltato
per l'ennesima volta. Il disco c'è. E' una scossa tellurica, è
un'abrasione, è uno strappo. Ma è soprattutto un grande disco! |
GianMaria Testa:"Altre
latitudini"
Come
aggiungere qualcosa? Quando apri la confezione di un cd e ci trovi scritto
. “La tua voce si arrampica a un balcone, soffia all’amato le
parole da dire all’affacciata. Sono sillabe di pioggia, da levarsi
la giacca e appoggiarla sulle spalle scoperte di una donna, una delle poche
mosse sacre in dote a un uomo”. “Le
tue canzoni servono a un ragazzo, per improvvisarsi uomo, servono a un uomo
per tornare ragazzo”. E la firma in calce è quella di Erri
De Luca. Si potrebbe
chiudere il file e dare per conclusa la recensione, perché in effetti
c’è tutto. Tutto quello che avrei voluto dire. La recensione
in realtà è tutta qui, nelle parole di un altro. |
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Luigi
Maieron: "Si vif"
"Non
si cresce mai abbastanza senza buoni ricordi. Si vive comunque, ma costa
un po' di più". Luigi Maieron poeta furlano e cantante di gran
vaglia. Prendete Leonard Cohen, fatelo cantare in lingua carnica, su musiche
di Nick Drake e avrete un idea di cosa può proporvi. C'è profumo
di cose buone e antiche tra le pieghe delle canzoni di Maieron: polenta
e castagne, latte caldo e vino fresco di neve. E c'è soprattutto
il senso del tempo che passa (non invano) e che passando ti regala le parole
che hai sempre cercato per spiegarti la vita. Guardare il passato per capire
il presente. |
Mercanti
di Liquore: "La musica dei poveri"
Meglio.
È molto meglio così. Dovendo rendere omaggio alla figura e
all'opera di Fabrizio De Andrè è molto meglio scegliere la
strada che stanno percorrendo i Mercanti di Liquore. Dopo un cd dedicato
per oltre metà a cover di Fabrizio, peraltro eseguite splendidamente
("Città vecchia", "Una storia sbagliata" resa
meglio dell'originale, "il Suonatore Jones") e dopo una ricca
attività di concerti, incentrati sulla figura indimenticata del nostro
"amico fragile" e ricca di altre perle come "Geordie"
o "Il blasfemo" o "Il matto", i Mercanti hanno fatto
il grande passo "oltre" De Andrè. |
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Sulutumana:
"La danza"
Canzoni
minimaliste certo, ma di alto profilo. Testi intimistici che sanno di Milano
e dintorni, di Lombardia e di nebbie, di neve sporca e spleen metropolitano.
Insomma: cinque stelle senza dubbi per un disco che fila via liscio senza
esitazioni e che, una volta messo sul lettore, si rifiuta ostinatamente
di scendere e lasciare posto ad altri.… Una piccola enciclopedia portatile
del meglio del cantautorato italiano. |
Davide
Van De Sfroos: "E semm partì"
Tenetevi
forte e ancoratevi a quest’ultima frase: eh sì, perché
il paragone che sto per fare porta dritto a Fabrizio De Andrè. Ecco,
40 anni dopo il Michè, altri assassini, altri pazzi, altri dropouts,
altri lasciati indietro da questa società dell’immagine, da
blazer, convention, briefing e location. Persone che non posseggono nemmeno
la “grazia” di una lingua nazionale e che per raccontare le
proprie storie usano il dialetto, la lingua dei posti dove sono nati. |
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Vinicio
Capossela: "Canzoni a manovella"
Giorni
interi a girare sul lettore, passando, alternativamente, da stati di alterazione
e irritazione a fasi di ammirazione. Canzoni a manovella "soffre
di genialità". Troppa. In eccesso. Ne basterebbe meno. In
alcuni momenti sembra un disco tratto direttamente da un'altra epoca (gli
anni '30? '40?) e in altri ancora ti stupisce il suo essere fuori dal
tempo, il suo vagare sulla luna alla ricerca di un senno che Capossela
stesso deve aver intravisto qualche volta, ma così ... di sfuggita. |
Claudio
Lolli: "Dalla parte del torto"
Parole.
Tante parole che hanno un senso. Che si depositano nel verso giusto nella
mia testa, nelle mie orecchie, dietro i miei occhi e che stimolano le corde
giuste. Emozioni, ricordi, tristezze, amori. Gioventu' e maturita'. Un pallone
in un prato e un bicchiere di vino. "Il mio cuore incantato / sempre
malinconico / e mai rassegnato"Non
ho neanche bisogno delle musiche. Mi bastano le parole. Mi basta vibrare
leggendo poesie che sono poesie e sono anche canzoni. Perche' Lolli sa scrivere.
Sa quello che scrive ed ha sempre storie da raccontare e cose da dire. Cose
non banali. |