Un disco che non vola alto
di Leon Ravasi
L’idea era senz’altro bella, i nomi scelti anche,
l’iniziativa meritoria, il risultato modesto. Eppure il Mucchio
l’aveva pensata bene: prendere esponenti del nuovo rock o della
nuova canzone d’autore e metterli a operare sul materiale “grezzo”
di uno dei più grandi autori popolari del secolo scorso. Quel Lucio
Battisti che ha scritto alcuni dei motivi più conosciuti e cantati
in Italia dagli anni 60 agli anni ’80, quasi sempre assieme a Mogol
(il tributo infatti va inteso a tutti e due, solo due delle canzoni
scelte non appartengono alla penna di Giulio Rapetti, in arte Mogol,
gran guru delle parole italiana applicate alla musica da 50 anni
a questa parte).
Non convince globalmente il modo in cui la maggior parte
degli artisti hanno deciso di affrontare il Moloch (e qui Mogol
non c’entra). Battisti non solo è stato un grande,
ma è tuttora uno degli artisti più suonati, ricordati,
celebrati, diffusi: dalle sole musiche alle suonerie dei telefoni,
agli omaggi in musica (alcuni anche molto interessanti, come quello
in chiave jazz di “Ci ritorni in mente”. In effetti
a Battisti sono attribuibili solo le musiche e non risulta abbia
mai messo mano ai versi.
E allora l’intervento radicale doveva essere
proprio fatto sulle musiche? Questo potrebbe essere l’atteggiamento
giusto per un omaggio a De André o, ancor più a Guccini.
Ma su Battisti o qualche dubbio. In particolare poi il fatto che
molti dei gruppi interpellati abbiano deciso di dare una verniciata
in stile “lounge” dimostra scarsa cultura e conoscenza
del fenomeno. Tanto per intenderci Lucio Battisti ha sempre ammesso
che la sua principale influenza in campo musicale è stata
quella di Bob Dylan! Eh sì, mi immagino
i fremiti di dissenso, ma proprio dal menestrello di Duluth il ragazzotto
di Poggio Bustone (Rieti) ha imparato a buttare giù melodie
che si reggevano benissimo su due/tre accordi (avete presente la
Canzone del Sole? Mi La Re? Risultato di un lavoro su una cover
di Mr Tambourine Man!).
Si potevano tentare altre letture, forse scegliere
anche altri interpreti. Forse una lettura folk sarebbe stata più
allineata agli intenti di Lucio, più rispettosa. Ma dove
cade l’asino quasi sempre è nel cantato. Hai voglia
a dire che Lucio fosse afono e non sapesse cantare. Il ragazzo aveva
studiato e introiettato le tecniche del soul alla Motown e riusciva
in questo modo a ottenere dai suoi mezzi il massimo. Cosa che, ad
esempio, non riescono a fare i Daunbailò,
appiattendo su un unico tono la vorticosa “Io vorrei,
non vorrei, ma se vuoi”, con le sue “discese
ardite e le risalite” che lo erano anche per le corde vocali.
Delusione totale pure la “Anche per te” dei
poco conosciuti TBH, poco interessante ma quasi
corretta “Il mio canto libero” dei Goodmorningboy
che apre l’album.
“Per una lira” dei Lombroso
non vale molto, ma qui è stata penalizzante la scelta del
brano: una facciata B dei primi tempi, passata pure per l’ugola
di Demetrio Stratos ai tempi dei Ribelli (e qui non ci sono proprio
raffronti) . Banale “L’aquila”
dei 24 Grana, che non sono in grado di farla volare.
Ci sono, certamente ci sono, dei punti positivi:
andiamoli a sfogliare uno per uno. I Gang danno
una lettura intensa di “E penso a te”,
con armonica a bocca e chitarre acustiche, quasi a ricordarsi delle
ascendenze dylaniane prima ricordate. Qualche incertezza iniziale,
ma poi una grande resa. Ottimi i Terramare con
“Respirando”, dove Michela
Ollari si esprime al meglio, ben sostenuta dalla musica
e dal resto del gruppo. Funzionano anche i Kyrie
con la misconosciuta “Ho un anno di più”.
Buone (o almeno corrette o interessanti) “Non
è Francesca” di Marco Sanchioni, giustamente
rock, “La canzone del sole” di Giorgio
Canali e Rossofuoco, un po’ stravolta ma non tanto
da non riconoscerla. E anche “La metro eccetera”
di Lucio Battisti e Panella eseguita dagli Y:DK. Solo
corretta “29 settembre” di
Terje Nordgarden. Interessante la versione rallentata de
“Il tempo di morire” di Moltheni,
anche se l’originale resta irraggiungibile. Forse quelli che
vanno più lontano nella reinterpretazione sono gli Epo
con “Anna”, quasi irriconoscibile,
eppure sempre lei. Non immediata, non entra al primo ascolto, ma
poi si fa strada.
Mi aspettavo qualcosa di più dagli Acustimantico
che, comunque, portano a caso una versione più che dignitosa
di “Anima latina”, forse una canzone
non del tutto adatta alle loro corde. Magnifica al solito la voce
di Raffaella Misiti. Resta un brano valido, ma,
chissà perché, mi ero messo in testa che sarebbero
riusciti a vivisezionare meglio Battisti, portando in luce anime
più nascoste di quelle latine.
Pollice decisamente verso per i Mr Grady
e “Confusione” e per “Il vento”
di Gianni Maroccolo e Ivana Gatti. Non lascia segni “Ancora
tu” dei Fiori per Zoe.
AAVV
"Respiriamo Liberi"
Mucchio Extra – Estate 2005
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aggiornamento: 22-07-2005 |