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Le
BiELLE RECENSIONI |
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Davide
Van De Sfroos: "Laiv" |
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"Dal
vivo sferragliando come un treno ... con qualche pausa" "Cauboi" secondo me non è nella sua versione migliore, fatta con meno grinta del solito e "El diavul" non sarei andato a ripescarlo, ma sono inezie, minuzie. Il disco c'è. È solido, forte, suona bene. Inizia sferragliando come un treno in piena corsa e le danze non smettono fino a metà del primo cd, quando "San Macacu e San Nissoen" lascia un'oasi per respirare in mezzo alla frenesia de "La balera", "Cauboi", "Sugamara" e "Kapitan Kurlash". Insomma ci sono tutti i passi obbligati , le pietre miliari; anche "La televisiun" che, come mostra un recente referendum sul sito di Davide è una delle meno amate dai suoi fans, ma che, evidentemente a Davide piace. Le versioni "laiv" sono convincenti, anche se si discostano poco dagli originali. Qualche attimo di commozione in più riserva "Ninna nanna del contrabbandiere", ibridata con un canto sardo delle bravissime Balentes, utilizzate ai cori con una parsimonia che forse, vista la loro bravura, sarebbe meglio abbandonare. Restano gli inediti: "Sciur Capitan" dal vivo Davide l'ha già proposta. È un bel testo. Vi risuona (è inevitabile) un'eco di "La guerra di Piero". Il tema musicale però è monocorde e i 5'28" della canzone non passano indolori. Sarebbe bastato un guizzo, un ritornello, una trovata e avremmo avuto una grandissima canzone. Peccato. Sembra non finita. E anche "L'esercito delle 12 sedie" (L'esercit de i dodes cadregh) risente un po' dello stesso difetto: una linea armonica che fa fatica a svilupparsi, come se si fosse inceppato qualcosa nella perfetta macchina Dvds che univa musica e testi con grande maestria. È come se ci fosse stato un ripiegamento nel filone della "Televisiun", lunghe storie, bei racconti, ma la musica passa decisamente in secondo piano, nonostante la bravura e la passione con cui poi Beccaceci, Pozzini, Scaffidi, Parrilli e Angapiemage Galliano Persico (la band) accompagna queste lunghe escursioni in storie di paese, magnifiche a leggersi, meno se riportate su un disco come canzoni. Forse più adatte a un talking che a delle canzoni. Meno male che, a concerto finito, arrivano le due perle del disco: "Sguaraunda", cavalcata selvatica tra le nuvole e simboli del personale mondo poetico di Davide Bernasconi in Van De Sfroos. E la musica prende anche movenze balcaniche, assorbe influenze esterne e le rigetta in mezzo a noi che ci lasciamo prendere la mano per unirci alla danza. Abbiamo voglia e bisogno di nuvole che strillano e ci indicano una strada. Non c'era quell'altro grande qualche anno fa a spiegarci che le nuvole "vanno, vengono, qualche volta ritornano"? Evidentemente le nuvole portano bene alla canzone d'autore. "I' ann selvadech del Francu"
da solo vale il prezzo del disco. È la cover di "Frankie wild's years"
di Tom Waits ed è un pezzo assolutamente geniale. Un talking blues suonato
in punta di dita, ma con una resa d'atmosfera spessa come una corazzata,
sui cui viaggia il Davide in tutte le direzioni: sale, scende, plana,
accelera, rallenta e non ci molla un attimo. La sua voce graffiante e
intensa ci avvolge tra le trame del racconto, ci stringe tra le sue spire
senza darci tregue. Le trovate verbali sono pirotecniche "Una sira, chissà
cosa cazzo che gira pe la crapa, l'è scià del laurà, el se ferma lè de
fora del Cunsorzi Agrari, el va dent in del Tarcisio-gazusa el crumpra
un paio de buteje de vermut". Un omicidio in salsa padana, con fuga in
Svizzera. "A l'era mai podu' supurtal chel cagnuerel de merda". Applausi
e saluti. Lo spettacolo, anzi il disco, finisce qui. Soddisfatti e non
rimborsati ci apprestiamo ad andarlo a sentire dal vivo. Con quel piccolo
tarlo. Come saranno le prossime canzoni?
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Ultimo
aggiornamento: 07-02-2003 |
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